Apro questo post che incrementerò nel tempo. Negli ultimi tempi (ripetizione inelegante che forse rivela ossessioni nascoste) ho letto per scelta o per avventura alcuni libri ed articoli su internet che si riferiscono ad una rivisitazione importante di elementi e conoscenze che per lo più riteniamo stabili e confortevolmente immutabili. Verrebbe da dire che "in principio c'era Kolosimo" che con le sue fantasiose ricostruzioni apriva i varchi del passato per l'arrivo disinvolto di UFO ed extraterrestri vari sul nostro pianeta; in effetti, a parte le avventure solitarie di qualche "scienziato pazzo" rimasto poco conosciuto e poco ascoltato, la possibilità che le cose del passato fossero state un po' diverse da come c'erano state raccontate sui banchi di scuola non aveva mai avuto divulgazione adeguata; al massimo queste teorie si guadagnavano uno spazio in rubriche un po' ironiche dedicate agli eccessi della ricerca di novità iconoclaste ad ogni costo da parte di ribelli un po' velleitari, contro il solido ed accertato mondo della conoscenza accademica.
Già in molte delle cose che ho testé affermato ci sono elementi che preciserò meglio nel prosieguo.
Intanto ci tengo a precisare che non credo affatto che l'Università e le istituzioni scolastiche ed accademiche in genere siano meccanismi massacratori degli sviluppi del sapere umano; è in esse stesse e da esse che spesso sono partite molte delle "fughe in avanti" che hanno consentito salti importanti al sapere umano. Ma, proprio perché umane spesso si trovano a ripetere, in scala diversa, i vizi del vivere civile, con il suo groviglio di odii, invidie e lotte per il mantenimento del potere, di cui il Sapere è una delle fonti più importanti. Però non si deve neanche sottovalutare l'importanza della cautela che deve guidare nell'esame di una teoria e di una pratica scientifica nuova, prima di accettarla per vera e dimostrata, a prescindere dalle conseguenze che potrebbe portare nel patrimonio culturale esistente.
Idee nuove, dunque, è di questo che parlo, sul passato remoto della storia umana.
Ecco un altro concetto da precisare: Storia e Preistoria. Bisogna scacciare dalla mente una sorta di concessione di dignità intellettuale diversa a seconda che eventi e uomini siano avvenuti ed esistiti prima o dopo l'inizio della stesura di testimonianze scritte, quelle a partire dalle quali dichiariamo di essere nella Storia. Sarebbe come dire che Caligola era un uomo più intelligente ed elevato spiritualmente rispetto ad Ulisse perché dell'uno abbiamo cronache e testimonianze, mentre dell'altro solo un racconto piuttosto fantastico. Gli uomini che hanno affrontato la vita di tutti i giorni e lottato per la propria affermazione in contesti diversi dalla nostra organizzazione sociale e religiosa, non sono da considerare per questo inferiori; noi non dobbiamo privarci della possibilità di imparare dalle soluzioni diverse date da altri ai grandi problemi che noi spesso risolviamo con sforzi immani e scarsamente giustificati. D'altronde, tanto per ribadire il concetto, l'Impero Inca era un'impero estesissimo, ricchissimo e meravigliosamente organizzato, che non conosceva la scrittura, né la lettura; semplicemente ne faceva a meno. Lo stesso è valso per tutti i popoli ed i regni di cui non sappiamo niente, forse proprio per questo.
È abbastanza ironico che una delle colonne portanti dellla nostra cultura, la conoscenza del passato, debba essere contraddetta ed in parte scossa dagli sviluppi del sapere scientifico, che da essa prende inizio e sviluppo. Mi riferisco, ad esempio, alle analisi della presenza di Carbonio 14 nei reperti antichi, che permette di attribuirgli una corretta ed incontestabile età; la sua applicazione non è servita soltanto a confermare la datazione convenzionalmente attribuita a qualche reperto importante, sia pure con uno scostamento limitato rispetto alle aspettative; essa ha anche portato, talvolta, a datazioni fuori schema, assurde, o addirittura sconvolgenti, se prese come prove oggettive ed incontestabili di una realtà esistente, anche se potentemente divergente dagli schemi culturali che credevamo sicuri e stabilizzati.

lunedì 31 dicembre 2001

1: Colin Renfrew - L' Europa della preistoria

È difficile stabilire un punto d'inizio, i sentieri che c'inoltrano nel passato sono numerosi e tutti degni di primogenitura, ma, tant'è... Va bene, comincerò dal primo incontro:

"L' Europa della preistoria" di Colin Renfrew
L'esame di alcuni reperti con l'ausilio del Radiocarbonio 14 li ha drammaticamente retrodatati, capovolgendo le ipotesi archeologiche che, in precedenza, gli assegnavano un'età diversa. In effetti si riteneva, e si ritiene tuttora, che si possa e si debba attribuire un'epoca ai resti di una civiltà in riferimento alle analoghe manifestazioni delle civiltà classiche più luminose, nell'ipotesi che la realizzazione di monumenti simili, ma peggio realizzati, sia segno di imitazione tarda e maldestra da parte di maestranze culturalmente inferiori. È abbastanza ovvio che questo può essere accaduto, anzi accade tuttora, basti pensare alla realizzazione di oggetti commerciali meno raffinati, ma a bassissimo costo, fatti per intercettare i grandi desideri ed i minuscoli borsellini dei consumatori d'oggi.
Credo che il termine per sintetizzare questa teoria sia "Diffusione culturale", da non confondere con analoghi termini che hanno per oggetto la distribuzione di conoscenza o di omogeneizzazione culturale che nella nostra epoca ha un certo seguito. In ogni caso, forse del tutto arbitrariamente, adotto questa definizione.
Non c'è da credere che nell'antichità (perché, nel Medioevo? E durante il Rinascimento, il Barocco, etc.?) l'attenzione verso l'indipendenza dei popoli vicini fosse maggiore della nostra; perciò quando i Faraoni allargavano i proprii confini verso Est, mettiamo, lo facevano sovrapponendo la propria cultura a quella dei conquistati, installando gatti sacri, scarafaggi e piramidi un po' dovunque (scherzo, ovviamente). Il popolo ebraico in fuga dall'Egitto, pur conservando orgogliosamente le proprie tradizioni, non poteva non essere pesantemente "egittizzato" dai lunghi anni passati con gli egiziani e le generazioni lì germinate.
Beh, digressione a parte, il carbonio 14, risorsa scientifica, ha cambiato alcune conoscenze, anche se questi cambiamenti non sembrano aver finora influito più di tanto negli schemi canonici. Il fatto che Stonehenge sia molto più antico di quanto si pensava, unitamente a tutta una vastissima classe di reperti antichi del Nord Europa, tra cui bisogna inserire utensili ed armi di metallo lavorato (rame, bronzo, ferro) non ha ancora portato all'accettazione dell'esistenza di culture molto avanzate al di fuori del bacino del Mediterraneo "culla della civiltà".
Nel libro viene esposto il caso emblematico della "Tomba di Agamennone", a Micene, nel 13° secolo A.C. circa. Altre tombe con lo stesso schema, assai meno perfette e raffinate, furono trovate (ed altre, a quanto pare, ne vengono rinvenute tuttora) nel Nord ed Ovest d'Europa, in un'estensione che va dal Nord della Spagna, attraverso la Bretagna, lungo la Gran Bretagna, fino all'estremo Nord, rappresentato dalle isole Shetland. La teoria della Diffusione Culturale portava a datarle successivamente, quindi al massimo al 10° secolo A.C.. Il Carbonio 14 le ha retrodatate di un bel po': dai 1000 ai 2/3000 anni! Può non avere conseguenze sul mondo culturale una rivelazione del genere? Beh, per ora no; poi vedremo...

sabato 15 dicembre 2001

2: Felice Vinci - Omero nel Baltico

Felice Vinci: Omero nel Baltico
Gli Achei arrivarono in Grecia nel 16° secolo A.C. all'incirca; questo è quanto si afferma comunemente ed è anche quello che dimostrano le emergenze archeologiche.
Ma da dove?
Secondo Felice Vinci il luogo di provenienza sarebbe nientemeno che la Scandinavia, o almeno larga parte di quei territori che una glaciazione avvenuta intorno al 2000 a.C. rese inabitabili. Secondo il copione più tardi rispettato da altri (Alemanni, Longobardi, etc.), gli Achei scesero a Sud, presumibilmente seguendo la "Via dell'Ambra" invadendo l'attuale Grecia. Qui tutte le entità "nazionali" avrebbero rifondato le proprie città in un rapporto geografico il più possibile simile a quello dei territori di origine, un po' come fu fatto nel Nuovo Mondo dai colonizzatori europei.
Similmente le saghe più importanti, quelle che tramandavano il sentimento d'insieme del popolo acheo, l'Iliade e l'Odissea, accompagnarono tutta quella gente nel loro viaggio e continuarono ad essere cantate per secoli nella nuova patria finché, nel 7° secolo a.C. furono fissate nella scrittura dell'epoca.
Il lavoro fenomenale di Felice Vinci consiste nel ripercorrere i due poemi scoprendo somiglianze ineludibili con le coste scandinave ed in particolare, per ciò che concerne l'Iliade, quelle del Mar Baltico. A prescindere dall'identificazione incredibilmente coerente di Itaca, Troia, Faro, Scilla e Cariddi, Ogigia, etc., che invece nell'ambientazione mediterranea accademica risultano problematiche, ciò che colpisce è l'estrema coerenza tra la narrazione antica ed i reperti archeologici dell'area che una datazione più accurata sta assegnando ad un passato ormai allineato con le gesta di questi Ettore, Diomede, Ulisse e Menelao pre_vichinghi.
Conoscenza ed interpretazione approfondita del Greco antico di Omero, riferimenti archeologici e geologici, attenzione alle fonti letterarie più tarde, alimentano e danno credibilità difficilmente contestabile ad una teoria per molti versi rivoluzionaria.



(segue)

giovedì 1 marzo 2001

13 - Klaus Schmidt - Costruirono i primi templi




"Costruirono i primi templi" di Klaus Schmidt, racconta la genesi della scoperta di un sito monumentale realizzato alle soglie del passaggio tra Paleolitico e Neolitico, 10.000 anni prima di Cristo, con oggetti di una fattura ammirevole e sorprendente.

Su Wikipedia, Il libro

Basta uno sguardo alle immagini dei "Pilastri" (come li ha definiti il loro scopritore) per capire che sono stati realizzati da maestranze che avevano nel loro background culturale (oggi si dice così, ma allora?) l'arte del bassorilievo e dell'altorlilievo, per non dire della fattura dei "Pilastri" stessi e dell'accurata e precisa scelta architettonica alla base della struttura dei templi stessi.
Tutto ciò nel 10.000/9.600 A.C. . Cioè, come dice l'autore, "7000 anni prima delle Piramidi". E' facile lasciar partire la testa dietro ad alcune riflessioni, molte delle quali vengono affrontate nel libro, anche se un Archeologo serio, come l'Autore, non può permettersi voli pindarici troppo audaci finché l'evidenza dei reperti non li giustifica. In questo senso il libro è un affascinante resoconto degli scavi di Gobekli Tepe rapportati allo sviluppo degli scavi dell'intera zona (estendendo il concetto dall'Anatolia orientale a Gerico, passando per le fertili pianure Mesopotamiche). Non mancano agganci con l'arte rupestre Paleolitica.
Grazie a questi escursus il libro, che ad un certo punto sembra impantanarsi in un elenco un po' noioso dei ritrovamenti e delle loro peculiarità, prende slancio ed allarga lo sguardo su panorami più vasti spaziando sia in senso geografico che temporale.
(segue)